Allacciamoci le cinture perché questo vangelo ci farà viaggiare alla velocità della Luce: la luce della misericordia di Dio e dunque dobbiamo fare attenzione a non ridurla perché non la riusciamo a ‘reggere’.
Di fatto questo testo ha scandalizzato generazioni di cristiani e non a caso è stato omesso da alcuni manoscritti più antichi, non commentato dai Padri latini fino al IV secolo e dai Padri greci per tutto il primo millennio. Di fatto appare un testo scritto da Luca – il greco è tipico del 3° vangelo e si potrebbe agevolmente inserire dopo Lc 21,37-38 ma si trova in Gv 8 dove è stato aggiunto chiaramente ‘di forza’: il versetto precedente e successivo al nostro testo infatti sono in chiara continuità. Tutta questa introduzione apparentemente inutile per dire che c’è stata una fatica della chiesa ad accogliere questo testo perché la sua misericordia è esagerata.
Diversamente dal figlio prodigo infatti questa donna non dichiara il suo pentimento e poi il fatto che il peccato sia di adulterio attiva in tanti pensieri imbarazzanti dimenticando che nella Scrittura gli amanti sono gli idoli.
Ma andiamo al testo. Gesù insegna nel tempio fin dalle prime ore del giorno e tutto il popolo lo ascolta assetato di ‘ogni parola che esce dalla sua bocca’. Ad un certo punto arrivano maestri della legge e farisei infuriati portando di peso una donna sorpresa in adulterio. Incuranti delle parole di Gesù ora c’è un ‘caso morale’ da risolvere e chiedono a Gesù di schierarsi perché vogliono ‘materia’ per accusarlo. Le sue parole su Dio infatti sono sempre più assurde e inadatte: come presentare un Dio Padre che ama e perdona quando il popolo sta seguendo la legge?
Tutto avviene rapidamente ma credo che occorra fare uno sforzo di immaginazione perché riusciamo a ‘vedere la scena’. Gesù è seduto. Questi tali in piedi con la donna nel mezzo e le pietre in mano. Dopo l’accusa il vangelo dice che Gesù si china. Era seduto e si china per scrivere. È a terra, in ginocchio prostrato per scrivere con il dito creatore sulla polvere creaturale. Il silenzio si fa pesantissimo e i maestri lo interrogano ancora. Gesù li guarda da quella posizione mendicante e chiede di iniziare l’atto di lapidazione a chi sa di essere senza peccato.
E poi torna a guardare per terra. Una dopo l’altra le pietre cadono vicino ai piedi dei farisei e gli scribi quasi come fosse una dichiarazione di resa. Se ne vanno tutti e resta quella donna, quella sposa in cerca del vero sposo. Lui è in ginocchio, lei in piedi nella posizione delle dichiarazioni di amore. I due si guardano e Gesù si alza. La chiama ‘donna’ come chiama Maria ai piedi della croce. Non la giudica, non la svaluta, le dona tutta la dignità della Bellezza. E poi: “nessuno ti condanna?”. E lei: “nessuno Signore”, ossia “nessuno Sposo della mia vita, amore che da sempre cercavo”. E lui: “neanche io ti condanno. Va e non peccare più”.
Attenzione perché il finale rischia di essere frainteso e di sminuire tutto il resto. Non le dice: ‘va e guarda, stai attenta a non farlo più, perché sai… peccare è una cosa brutta, hai fatto un errore grande e io sono buono ma non abusare di me…’. Le dice: “vai verso te stessa e trova la tua direzione di vita. Non temere il tuo passato, non continuare ad accettare questa vita che tradisce ciò che sei, abbraccia il tuo essere donna, donna davvero, splendido fiore del giardino di Dio e credi che qualcosa di nuovo può accadere nella tua vita. Sii felice!”.
Signore tu sei il nostro sposo che ci cerca perché vuole dichiarare il suo amore per noi. Grazie per la tua misericordia che non ci inchioda al nostro passato ma ci apre alla vita dell’amore che “fa nuove tutte le cose”, anche la nostra vita.
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