Gesù è nella sinagoga della sua città. Legge il passaggio del profeta Isaia ascoltato domenica: “lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista…”. Riavvolge il rotolo e annuncia il compimento di quelle parole.
Dio infatti era vicino. Dio aveva deciso di farsi prossimo, di mostrare a tutti – anche attraverso di Lui – il suo amore e la sua misericordia. Gesù lo sapeva. Ne aveva fatto esperienza nel battesimo e nel deserto delle tentazioni. Lui era il Figlio e davvero era stato chiamato a portare la concretezza dell’amore di Dio. E se le sue parole infiammano i cuori gli occhi restano fissi sul già visto. E allora Gesù non è altro che il figlio del carpentiere Giuseppe e da gente così non può venire nulla di buono. Certamente uno come lui non può essere profeta. Inviato di Dio. Gesù allora prova a evocare le storie di Elia ed Eliseo. Già questi profeti erano stati inviati a Israele ma avevano trovato grande resistenza. Nessuna vedova d’Israele aveva accolto Elia nel suo bisogno, e nessun lebbroso aveva chiesto aiuto a Eliseo se non Naaman dalla Siria. Dio aveva inviato profeti, ma potremmo dire con Giovanni “venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). Anzi lo cacciano dalla città e cercano di ucciderlo. E lui? Passa in mezzo e va altrove. Bellissimo questo atteggiamento di grande libertà. Non ha insistito, non ha provato in altri modi a far passare l’annuncio.
Ci sono momenti nei quali infatti l’unica cosa da fare è andarsene. Non serve più insistere né resistere… è tempo sprecato. Pare brutto da dire, ma in realtà è la strategia di Gesù: annuncia, ci mette tutto di sé, ma poi lascia liberi anche nel rifiuto. E va altrove. Se si cade nella trappola dell’insistenza oltre ad aumentare le barriere si toglie soprattutto ad altri la possibilità di accogliere il vangelo. Per questo Lui passa in mezzo e se ne va altrove. Forse come Chiesa dovremmo essere più capaci di ‘andare altrove’ senza insistere, senza snervarci di iniziative verso i ‘soliti’ per stare più nella strada, per via, andando verso quelli che sono ‘fuori’ come la vedova di Nain e Naaman il Siro, che contro ogni previsione, sanno accogliere più di altri la forza profetica del vangelo. Oggi usiamo il Salmo responsoriale per chiedere a Dio la forza di ‘andare altrove’ se necessario.
“In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio…”.
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