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I dieci anni dalla scomparsa di don Amedeo Pasini

Sono passati 10 anni dalla scomparsa di don Amedeo Pasini, ma la testimonianza di questo sacerdote appassionato di Dio e dei fratelli più poveri, non solo è ancora viva, ma è presente con forza nelle tante iniziative di carità attive nella “sua” Parrocchia di San Paolo (fondata nel 1970 insieme a don Mino Flamigni) e negli altri luoghi dove ha vissuto la sua missione sacerdotale (Civitella, Pianta, Fornò, Bagnolo), oltre che nell’intera Diocesi di Forlì-Bertinoro, di cui è stato innovatore nell’ambito della Pastorale famigliare e dell’Azione Cattolica, di cui fu anche assistente generale per diversi anni.

Sabato 8 maggio, alle ore 18,30 presso la Chiesa di San Paolo sarà celebrata una Messa in sua memoria, presieduta dal parroco don Carlo Guardigli, a cui seguirà la proiezione di un video curato da Franco Casadei, parte integrante del libro “C’era una volta un re, bisre, bisconte binè” realizzato 9 anni fa proprio in ricordo di don Amedeo. Alla serata parteciperà anche il vescovo di Forlì-Bertinoro mons. Livio Corazza.

< La vita di don Amedeo è stata connessa in maniera consistente con quella di don Mino Flamigni, due personalità fortissime, molto differenti, ma con un denominatore comune indiscutibile: una rocciosa fede in Dio e un cuore sempre aperto verso tutti, a cominciare dalle persone più fragili. Il gruppo di amici di don Mino e don Amedeo, che nel 2020, hanno realizzato in ricordo di don Flamigni (anch’egli scomparso il 24 gennaio 2018) il volume “Don Mino e i suoi amici” nei giorni scorsi, grazie ai proventi della vendita del libro, ha effettuato una donazione di 1.000 euro a favore della scuola di Wajir in Kenia, intitolata al sacerdote forlivese, in sinergia con il Coordinamento locale di sostegno al progetto, composto da Associazione Paolo Babini, Centro missionario Diocesano Forlì-Bertinoro, Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, cooperativa sociale Paolo Babini, Fondazione Eremo Madonna del Faggio e VolontariA onlus. Seguiranno, da parte del gruppo che ha curato il volume, sempre in collaborazione con il già citato Coordinamento, altre donazioni per la medesima finalità.


Don Amedeo Pasini, fin dai primi anni di sacerdozio (è stato ordinato nel 1964) ha dimostrato una grande attenzione agli ultimi e ai poveri: nella seconda metà degli anni ’60 era il referente della diocesi di Bertinoro dei Silenziosi Operai della Croce.

Successivamente, nel 1970, insieme a don Mino Flamigni, ha fondato la Parrocchia di San Paolo e ha continuato a sviluppare questa sensibilità, contagiando intere generazioni di giovani e meno giovani. Fin da giovane, sempre insieme a don Mino, è sempre stato in contatto con don Oreste Benzi, promuovendo i valori di condivisione con i poveri, tanto da fondare nel 1983 le prime case famiglia a Forlì sull’esempio di quelle della Comunità Papa Giovanni XXIII. Questa prima esperienza è stata la base da cui si è sviluppata l’attuale associazione e cooperativa Paolo Babini.

Nello stesso tempo, in quanto insegnante di religione presso l’Istituto Professionale per il Commercio, che allora aveva sede presso l’attuale Villa Igea, ha promosso a Forlì con impegno l’inserimento dei primi ragazzi con disabilità nella scuola superiore.

Le sue doti di comunicatore, specie verso i giovani, hanno favorito anche un altro grande suo impegno: la pastorale giovanile all’interno dell’Azione Cattolica, di cui fu prima assistente ACR e poi assistente generale. Fu lui che, dopo un’adeguata formazione a Roma, iniziò le attività con i ragazzi e giovani in Azione Cattolica in diocesi, attività che prima erano limitate al settore adulti. Impose un rinnovamento nell’associazione, anche a livello di dirigenza, quando spinse con forza (inizio anni ’90) la candidatura dell’avv. Vanni Casadei a presidente diocesano, creando anche un po’ di frizione con mons. Adalberto Mambelli, allora assistente generale. Lo stesso don Mambelli, successivamente, riconobbe che la scelta di don Amedeo su Casadei fu ottima.

Presso la Parrocchia San Paolo promosse il concetto di “Dove siamo noi, siano anche loro”, mettendo al centro dell’attività pastorale i poveri, le persone con handicap e gli ultimi. Fu promotore delle Giornate dell’Accoglienza (ogni anno a maggio) dove faceva in modo che molte famiglie della parrocchia invitassero a pranzo un povero, creando legami personali e comunitari.
A metà degli anni ’70 decise, sempre insieme a don Mino, che i campi scuola di vacanze dei giovani dovevano essere aperti alle persone con handicap: fu così che nacque l’esperienza dell’attuale campo di Sappada (i primi tempi a Pejo, Malosco, Borca di Cadore per tanti anni), una vacanza dove persone sane e con disabilità trascorrono insieme un periodo di ferie, non nell’ottica dell’assistenza ma della condivisione.

Le stesse sensibilità sviluppate a San Paolo le mise in campo anche nei 10 anni in cui fu parroco alla Pianta, portando una ventata di freschezza nella fede e nella carità in una comunità che comunque era già abbastanza viva. Non fu facile, all’inizio fu anche criticato, ma con il tempo riuscì a creare anche in quel contesto gruppi di giovani impegnati con generosità nella carità. In questo periodo valorizzò molto un aspetto educativo a lui abbastanza lontano: la pratica sportiva che era molto sviluppata alla Pianta. Ne capì la valenza e fu un punto di riferimento anche in questo ambito.

Negli ultimi anni della sua vita fu nominato parroco di Bagnolo (2008): anche in questo piccolo contesto diede tutto se stesso per promuovere i propri valori di fede e carità. La malattia arrivò imprevista a fine del 2010 e fino all’ultimo (8 maggio 2011), nonostante le cure antitumorali che lo fiaccavano sempre più, non si risparmiò per nulla. Fu un esempio incredibile di fede nell’affrontare la malattia, che sapeva non gli avrebbe lasciato scampo: si spese fino all’ultimo anche nelle benedizioni pasquali alle famiglie di Bagnolo nella primavera del 2011: quando tornava a casa era uno straccio (parole di don Mino), ma non ne volle sapere di non farle. Non volle mancare anche ai Poparty di inizio 2011 con i suoi “ragazzi”, una delle sue ultime invenzioni insieme agli amici dell’Unitalsi, esportate da precedenti esperienze già attive nella diocesi di Faenza.

A distanza di 10 anni dalla sua scomparsa, nei luoghi dove ha vissuto (oltre a San Paolo, alla Pianta e a Bagnolo, anche presso il Santuario di Fornò in cui fu parroco per diversi anni e accompagnò la creazione della comunità per tossicodipendenti, fino a Civitella dove fu cappellano nella seconda metà degli anno ‘60), il suo ricordo è sempre vivo, come è vivo nell’intera diocesi di Forlì-Bertinoro, dove lo si ricorda non solo per la sua predilezione per gli ultimi, ma anche per la sua ironia sferzante e per le sue immancabili barzellette. Una curiosità: don Amedeo inventò nei primi anni ’60 presso il Seminario di Bologna (non era ancora prete) il personaggio romagnolo di Sgabanaza, poi divenuto famoso in tutta la Romagna, grazie a Pier Giuseppe Bertaccini, che allora era seminarista pure lui.

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