Riprendiamo la lettura del capitolo 6 di Gv dopo la solennità dell’Assunta di domenica scorsa.
La situazione di Gesù è precaria perché mentre annuncia il dono della sua ‘carne per la vita del mondo’ (cf. Gv 6,51) le autorità giudaiche lo criticano e gli domandano come sia possibile che questo accada. Gesù aggiunge: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (vv. 54-55).
Effettivamente qualche domanda poteva nascere, anzi era lecita, ma Gesù non arretra. È così! A questi tali e ai discepoli è chiesto di fidarsi, di attendere il tempo giusto quando lo Spirito di verità svelerà ogni cosa. E questo accadrà nella notte del giovedì santo quando, spezzando il pane, Gesù dirà: “questo è il mio corpo dato per voi” e passando il calice “questo è il mio sangue per la nuova ed eterna alleanza versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Gesù compirà tutto questo, ma si dovrà aspettare per comprenderlo davvero e soprattutto per accettare la follia di quell’amore. Follia che farà dire a tanti discepoli: “queste parole sono dure, come facciamo ancora a crederle?”. E se ne andranno. Davanti a questo ‘fallimento’ Gesù sente il bisogno di chiamare i 12 per chieder loro: “volete andarvene anche voi?”.
Bellissima questa libertà di Gesù. Non vuole che nessuno resti con lui per abitudine, per ruolo, o solo perché oramai ha lasciato casa, campi, fratelli, sorelle… e non saprebbe dove andare. No. Se uno lo segue deve seguirlo con convinzione e non per forza. E qui il rimando alla prima lettura. Giosuè convoca i figli di Israele e chiede loro se preferiscono servire il Signore o altri dei. Lo chiede offrendo tutta la libertà, anzi, quasi consigliando di andarsene se il motivo del restare è l’abitudine.
L’amore infatti o è un atto di libertà o diventa schiavitù. I discepoli dunque si guardano attorno e vedono la folla assottigliarsi e così anche la loro fama, il loro prestigio. D’ora in poi saranno considerati i discepoli di un ‘folle’. Il momento è drammatico… Simon Pietro – l’uomo Simon Pietro e non Pietro il capo – prende la parola e risponde: “Signore DA CHI andremo?”. ‘Cioè noi siamo qui perché ci SEI TU, non per le cose che ci dai, ma perché SEI TU, e noi AMIAMO TE, CI FIDIAMO DI TE. “La tua Parola è vita eterna” è quella che apre nella nostra vita sentieri di Bellezza, di stupore, di amore senza fine. E noi questo lo abbiamo creduto, cioè lo abbiamo accolto nella fiducia, ma lo abbiamo anche conosciuto, cioè ne abbiamo fatto esperienza… Solo con te abbiamo accesso a ciò che non passa’.
Signore davanti ai bivi della vita spesso facciamo fatica ad affidarci a te, alla tua fragile parola, alla tua invisibile presenza. Tu ci sei, ma vorremmo ci fossi in modo più forte. Tu ci salvi, ma vorremmo lo facessi in modo più vigoroso. Tu ci parli, ma vorremmo lo facessi con voce più alta. Manda su di noi il tuo Spirito e davanti alla tua carne per la vita del mondo non ci scandalizzeremo più per il segno povero dell’eucaristia ma balbetteremo stupiti la tua lode… perché sei con noi per sempre.
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