Gesù era molto stanco. Come il seminatore che tutto il giorno sparge il seme della Parola sotto il sole anch’egli suda e si stanca. Non solo. Ma, come abbiamo visto le scorse due domeniche, vive la sofferenza del rifiuto e dell’incomprensione. E Gesù ha bisogno di dormire. Il vangelo di Marco dice che i discepoli: “lo presero con sé, così com’era, nella barca”.
La barca per il secondo vangelo è la vita della comunità, la chiesa, e dunque Gesù è in mezzo a noi affaticato e stanco. E mentre egli dorme la barca è presa dalle onde e sballottata. I discepoli sono spaventati come quando noi pensiamo che Dio sia distante e non sia interessato alla nostra vita: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Possibile domandare a Dio se non gli importa di noi? Egli che ci ha creati, ci ha voluti, ci ha messi nel mondo con una missione, e ci ama più di ogni altro… ebbene, si deve sentir dire anche questa cosa.
Povero Gesù. Lui infatti non dormiva per poco interesse alle nostre sorti, ma perché in mezzo alla tempesta resta tranquillo e fiducioso. Sa di essere amato dal Padre e sa che nulla e nessuno potrà rubarci dalle sue mani per cui anche se andasse per valle tenebrosa… non avrebbe a temere alcun male… perché il Padre è con lui (cf. Sal 23).
E allora il suo sonno non è il segno del suo disinteresse ma della sua fede. Sì, Gesù si fida del Padre e domanda alla chiesa, alle nostre comunità e a noi stessi di non temere. E di mettersi al suo fianco e dormire. Nel salmo 131 l’orante si rivolge a Dio con tanta fiducia. Gli dice di essere tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre. Attenzione: come bimbo che non ha più bisogno di latte ma che sta nelle braccia di sua madre perché vuole sentirsi al sicuro, perché tra quelle braccia ritrova la sua ‘casa’ e la sua identità.
Signore facci dormire al tuo fianco mentre le onde pare ci avvolgano. Facci dormire non per fuggire dalle nostre responsabilità, ma perché ci fidiamo nell’amore del Padre. Amore più forte di ogni tempesta, più forte di ogni morte.
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